Riforma Titolo V della Costituzione, Petraroia sul caso Molise

Petraroia: «Il rischio è che si parli male di chi ha meno abitanti per il solo fatto che è piccolo»
Petraroia: «Il rischio è che si parli male di chi ha meno abitanti per il solo fatto che è piccolo»

«Nel puntuale articolo apparso ieri sera sul Corriere della Sera, Sergio Rizzo analizza il Disegno di  legge del Governo sul mutamento del Titolo V della Costituzione ed individua alcune criticità che determinerebbero la necessità di una riforma più radicale dell'attuale assetto istituzionale fino al superamento delle stesse regioni. Sul punto condivido le perplessità del campobassano Stefano Caldoro e da tempo immemore ho sostenuto l'utilità di riflettere sulla proposta della Fondazione Agnelli che riarticolava la mappatura delle regioni sul territorio nazionale».
 
A sostenerlo è il vicepresidente della Giunta regionale, Michele Petraroia, in una nota indirizzata
all'Ufficio Studi  Confartigianato, al Centro Studi Confindustria ed al giornalista del Corriere della Sera, Sergio Rizzo.
 
«Concordo sul giudizio di parzialità del Disegno di Legge del Governo - scrive Petraroia - che non affronta in termini sistemici il nodo della sanità e l'assetto delle istituzioni elettive, stante l'abolizione definitiva delle province e la persistenza di regioni che per limiti strutturali non riuscirebbero a garantire parità di opportunità e pari competitività ai cittadini e alle imprese.
In tutti i casi, il provvedimento agevolerebbe il superamento di distorsioni, incrostazioni e nicchie di potere che nel corso dei decenni si sono stratificate a livello regionale, ricondurrebbe alla competenza dello Stato materie delicate e strategiche, e consentirebbe uno snellimento della Pubblica Amministrazione con una saggia riduzione dei costi della politica».
 
«Quello che non risolve il Disegno di Legge Renzi  - spiega l'esponente del Governo regionale -  è il paradosso richiamato in negativo sulla regione Molise, citando come fonte l'Ufficio Studi della Confartigianato, sul rapporto tra numero di abitanti di una regione e numero di dipendenti e di dirigenti regionali, menzionando a termine di paragone positivo la Lombardia (1 a 178) e, ad esempio riprovevole, il Molise (1 a 23). Però, delle due l'una. O le regioni piccole vengono soppresse e/o accorpate, per raggiungere dimensioni medie come quelle prospettate dalla Fondazione Agnelli di almeno 4 milioni di abitanti o, in caso contrario, si condanna chi vive in regioni piccole a essere penalizzati perché al di sotto di una soglia essenziale di dirigenti e dipendenti, i servizi non saranno mai efficienti e competitivi».
 
«Non è in discussione l'obbligo dell'autoriforma in capo a ogni regione su questi aspetti - rileva Petraroia ma il dato matematico al di sotto del quale l'attività amministrativa non può essere svolta con efficacia. In Molise siamo riusciti a ridurre la pianta organica omnicomprensiva da  819 a 580 addetti, e i dirigenti da  80 a  40 con un risparmio annuo di 8,5 milioni di euro e, come emerge dalla tabella del Centro Sudi Confindustria, siamo la regione con i costi più bassi dell'Italia sul funzionamento degli Organi delle Società partecipate. Ma pur con tutta la buona volontà non saremo mai in grado di avere un dipendente per ogni 178 abitanti come la Lombardia, perché loro hanno 9 milioni di abitanti e noi 300 mila, a parità di competenze costituzionali, di deleghe nazionali e di incombenze amministrative».
 
«In Molise - conclude nella nota Petraroia abbiamo  quattro  assessori e in Lombardia la Giunta è a due cifre, e sarebbe sufficiente seguire la Conferenza Stato-Regioni per materia per rendersi conto che un assessore di una regione piccola segue con meno dirigenti e meno funzionari quello che in Lombardia seguono almeno cinque assessori con decine di collaboratori, dirigenti e tecnici. Forse è il caso di interrogarsi sul sistema in generale, altrimenti si rischia di parlar male di chi ha meno abitanti per il solo fatto che è piccolo, come nella favola del lupo e dell'agnello».

 

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