Per
festeggiare i 69 anni della nostra Repubblica, è giusto soffermarci su
un passaggio del discorso del Presidente Sergio
Mattarella. Una riflessione che ci riporta al significato quotidiano di
Repubblica e Stato. Al dovere che hanno le istituzioni, "l'apparato
pubblico", di mostrare, nei fatti, "un'incisiva e inclusiva capacità di
risposta ai disagi, alle fragilità e alle disuguaglianze"
che cogliamo attorno a noi.
Per
onorare la nostra Repubblica, ci dice Mattarella, dobbiamo impegnarci
per offrire servizi più rispondenti ai bisogni
di cittadini e imprese: innovazione organizzativa, gestionale,
tecnologica, semplificazione dell'azione pubblica.
Che sia questa la
via, nel nostro piccolo, ne siamo consapevoli. Richiamiamo il monito del
nostro Capo dello Stato nella convinzione che sia reale
e urgente. Necessario.
La
Repubblica Italiana non è solo altissima conquista di 69 anni fa, è un
bene prezioso che ogni giorno si rinnova. E si
rinnova riconoscendo e plasmandosi alle voci, alle istanze, agli
incontri e agli scontri che riguardano tutti, nessuno ne è escluso.
Anche, e soprattutto, questi processi rendono le celebrazioni odierne
un'occasione unica per riallacciare e proteggere un dialogo
non sempre facile, talvolta aspro e carico di ostilità. In questo senso
tanto ci indica l'affluenza alle consultazioni elettorali.
La flessione
del numero dei votanti alle urne non è un problema delle singole forze
partitiche in campo, è un abbandono, momentaneo
come tutti ci auguriamo, al primario principio che la forma
repubblicana consacra, la partecipazione.
Senza
partecipazione la Repubblica soffre e forse soffre ancora di più la
nostra che è nata con un referendum che si apriva
al contributo di tutti. Che a tutti, per la prima volta alle donne,
chiedeva di esprimere liberamente la propria opinione. L'89 per cento
degli aventi diritto al voto il 2 e 3 giugno del 1946 si recò ai seggi
per scegliere la forma di Stato dell'Italia. È
un valore, l'89 per cento.
Ed
è un valore che dobbiamo rispettare, recuperandolo. Tornando tutti,
ciascuno con il proprio personale contributo, a vivere,
a impegnarci, a lavorare per sperare nel domani migliore. Il
cambiamento non è mai indolore, il cambiamento richiede collaborazione e
fiducia.
Le
contrapposizioni tra i poteri dello Stato, le spaccature interne ai
partiti, la caccia alle streghe, non ci danno la
soluzione.
Tantomeno la soluzione viene dai conti dei ragionieri, per i
quali, come ancora ieri indicavano dettagliati studi riportati da
autorevoli testate nazionali, i piccoli non hanno più senso di esistere.
Non è mai stato, questo, il principio che ha
regolato e fortificato la straordinaria storia del nostro Paese.
La
nostra Italia, l'Italia che amiamo, di cui siamo orgogliosi, è l'Italia
che si fonda sulla collaborazione, sulla solidarietà,
sull'attenzione alle differenze. È l'Italia delle aperture, non delle
chiusure.
Sappiamo tutti che il vero tono del nostro Paese, al di là di
una certa narrazione ossessivamente ripiegata sui temi della paura,
vibra su queste corde.
È
l'Italia delle Regioni, indicate dalla Costituzione, che non si
superano, negli aspetti negativi, cancellandole, ma favorendole
nei processi di innovazione, semplificazione e condivisione di servizi e
infrastrutture. Sono le Regioni la prima porta di accesso allo Stato.
Negarlo significherebbe solo allungare le distanze.
Onoriamo
insieme, società e istituzioni, cittadini, imprese, partiti e politica,
la nostra storia nazionale che in risposta
all'impossibilità di espressione e azione, dopo anni di devastazione
fisica e morale, è diventata la storia di una grande meravigliosa
Repubblica.
La stessa che oggi conferisce alla memoria del caporal maggiore, Alessandro Di Lisio, deceduto in Afghanistan, l'onorificenza
di vittima del terrorismo.
Al suo ricordo il nostro pensiero.
Viva la Repubblica Italiana.
Paolo di Laura Frattura