Attacco alle Torri gemelle, il messaggio del Presidente Iorio

«L'attacco alle Torri gemelle dell'11 settembre del 2001 rappresenta forse il primo evento globale che ha coinvolto e impressionato sia i popoli che i singoli individui dell'intero pianeta. Al di là della viltà che caratterizza tutti gli attacchi terroristici, questo, in particolare, fu una sorta di spettacolarizzazione della violenza e dell'odio di un fondamentalismo islamico ben connotato e rivolto nei confronti dell'occidente come entità sovranazionale, politica, culturale e valoriale. Certamente, il mondo non fu più eguale da quel momento.
 
Il III millennio si apriva e creava una discontinuità forte con il passato. Nasceva un nuovo tipo di guerra che non utilizzava eserciti in tuta mimetica e carrarmati corazzati, ma singole falangi costituite da piccoli gruppi di uomini disposti a morire pur di infliggere dolore e sconcerto al nemico senza fare distinzioni tra soldati e civili indifesi. Dunque, tutti eravamo bersagli in una nuova guerra senza regole e che aveva tutta l'aria di non fare prigionieri. Allo sconcerto però di dover affrontare un nemico senza connotati precisi - ma che assumeva il volto di uno rampollo barbuto fino ad allora poco conosciuto, figlio di una facoltosa famiglia di imprenditori Saudita, che si autocandidava a guida di un gruppo estremista e fondamentalista di ispirazione islamica -  l'occidente e i suoi governi seppero rispondere con il rigetto delle contrapposizioni delle civiltà e delle religioni, sapendo ben distinguere tra terroristi e mondo arabo ed islamico. Si iniziò una guerra globale contro i primi, si volle aprire un dialogo permanente con i secondi.
 
Un conflitto che è ancora in corso e che, dopo quella data, vide altre stragi a sfondo mediatico, come Madrid e come Londra. E' giusto, dunque, continuare la guerra senza tentennamenti contro i "signori del terrore", ma è altrettanto opportuno comprendere, dal punto di vista culturale ideologico e sociale, il variegato mondo dell'islam e avere con esso rapporti paritetici e dialoganti per costruire insieme un futuro dell'umanità indirizzato alla pace e alla giustizia. A distanza di 10 anni da quegli eventi, è giusto ricordare anche il senso di umanità e di sobrietà degli statunitensi e dei newyorchesi, in particolare, che si strinsero intorno alle famiglie di chi perse la vita non facendole sentire sole e considerando ciascuna vittima come un proprio amico o una persona cara.
 
Da questi eventi, dalla loro tragicità e dal dolore che scatenarono emerge l'impegno per tutti gli uomini che credono nella giustizia e nell'uomo a far sì che fatti del genere non abbiano a ripetersi».

 

A cura dell'Ufficio Stampa
della Presidenza della Regione Molise

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