Cerimonia 25 Aprile, intervento presidente Frattura

Campobasso, Palazzo Santoro. Il discorso del governatore
Campobasso, Palazzo Santoro. Il discorso del governatore

Il presidente della Regione Molise, Paolo Di Laura Frattura, ha partecipato nella mattinata alla cerimonia di celebrazione del 25 Aprile, organizzata da Regione Molise, Provincia di Campobasso, Cgil Molise, Anpi e Anci Molise, presso il Saloncino del Consiglio regionale in Via XXIV Maggio a Campobasso. Questo il testo dell'intervento con il quale il governatore ha chiuso i lavori:

«Sessantotto anni sono davvero un tempo lungo nella nostra storia quotidiana. Sessantotto anni sono un tempo che corre veloce e disperde, molto spesso, le tracce di sé, del suo senso, con estrema facilità: i testimoni diretti di allora, i protagonisti di quelle lotte di forza e coraggio non ci sono più, o ne sono sempre meno, per raccontarci, in presa diretta, lasciandoci emozionare come ci siamo commossi adesso con il nonno di Daniele Celli, che cosa sia combattere per la libertà, per il proprio Paese, occupato e umiliato. Che cosa sia allontanare, scacciare la brutale oppressione nazista e fascista. Non ci sono più, tanti di loro, a dirci che offesa sia per l'animo e l'intelligenza dell'uomo subire la prepotenza dell'invasore. E quale sia l'istinto per resistere.

Quelle voci le abbiamo perse - la vita va così - ma il significato del 25 Aprile, Festa nazionale della Liberazione e della Resistenza, non si è perso e non si perde. Oggi possiamo riconoscerne la bellezza, perché di bellezza si tratta. Resta nella sua alta valenza di speranza: resistere, ripartire e ricostruire si può sempre.

C'è un 25 Aprile da vivere per tutti noi ancora adesso. Adesso perché l'Italia, che pure resta un Paese libero, o almeno con una libertà di superficie (senza certezze economiche, senza lavoro, siamo tutti meno liberi), è una realtà tutta da risollevare. Ancora di più, sul piano etico e culturale. Di macerie attorno a noi ce ne sono fin troppe. Ecco perché servono forza e coraggio, buon senso, unità di intenti. Così hanno agito nel 1945 tutte quelle donne e quegli uomini, staffette e partigiani, che hanno pagato un prezzo altissimo, la propria vita, per l'inestimabile valore della libertà e della dignità della libertà.

Abbiamo ricevuto una eredità meravigliosa da loro, i nostri nonni e i nostri padri, che sulle montagne o nella Roma città aperta (tante erano le città aperte) si sono sacrificati per il dovere morale di dare a un Paese povero, devastato dalla guerra, nuove possibilità. Di crescita economica, sociale, culturale. Di leggerezza. Forse noi, generazione che non ha conosciuto gli orrori dei conflitti e delle dittature, noi che persino e per fortuna abbiamo vissuto qui in Molise gli anni del terrorismo a distanza più che di sicurezza, ne abbiamo sciupato il senso più profondo che sta nella tutela di queste condizioni.

Non siamo in guerra, ancora per nostra fortuna, ma siamo divisi, litigiosi, poveri. Viviamo in un Paese che contrappone, lasciando che si alimentino di veleni, le piazze, i Palazzi, il web e la realtà. Tutti ci indigniamo per questi scenari, ma nessuno si ferma, guarda il vicino, prova a superare le differenze e fa fronte comune per trovare la via d'uscita.
L'abbiamo visto nel nostro Parlamento e lo possiamo vedere in mezzo a noi che non siamo altro che uno spaccato della società. Certo, non rappresentiamo la migliore classe politica, non sempre sappiamo parlare la lingua dei cittadini comuni, non sappiamo dare le risposte attese, ma il clima di tensione che attraversa i nostri giorni non lo dobbiamo solo a questo.
Lo dobbiamo forse alla memoria che vacilla e che non sa ricordarsi della straordinaria missione durata anni, condotta da ragazzi, professori, intellettuali, contadini, e culminata nella liberazione di Milano il 25 Aprile del 1945. Per questo oggi è immenso il peso del Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano. Immensi sono i suoi 88 anni. Un Capo dello Stato che si commuove mentre giura per la seconda volta davanti alle Camere perché "si immedesima nelle sorti del Paese" è un regalo a una Nazione che non sa più commuoversi per se stessa.
Non ci sono fucili da imbracciare, non c'è la Resistenza sulle montagne, ci sono però per noi passi seri da compiere. Il neopresidente del Consiglio, Enrico Letta, ieri ha detto che non ci sarà un governo a tutti i costi. Nell'epoca dell'inciucio o del timore dell'inciucio questo piace, suona bene. A tutti costi, suona bene.
Però, nessuno pensa alla guida che serve al Paese. Nessuno fa, come i nostri padri e i nostri nonni sessantotto anni fa, che sotto i simboli popolari, cattolici, comunisti e socialisti, liberali si sono uniti e hanno rifondato quello che c'era da rifondare: l'Italia del presente di allora e del meraviglioso futuro che hanno consentito di vivere a noi come presente.

Quella maturità storica possiamo ancora farla nostra. L'Associazione dei partigiani questo ci sprona a fare: combattere senza armi tutti assieme per il bene comune.
Almeno per poter essere per sempre grati a chi ci ha regalato questa Festa della Liberazione nazionale, la Festa del nostro 25 Aprile».

 

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